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le lettere 373

tecnica, secondo la tradizione; con quel garbo arguto e abbastanza vivo e ben educato di qualcuno, come i Bontempelli, Romagnoli, Toffanin e via via: qualità delle persone, che non era ragion sufficiente di differenza, e non produsse niente di durevole: anzi, ce n’è di quelli che oggi son rientrati nella maniera comune, e tirano a far del Borgese.

Qualche cosa di più giustificato, ma dello stesso valore, ci rappresentano le sopravvivenze di maniere vecchie, che il pubblico perdona come una moda antiquata e tuttavia non ridicola a qualche scapolo un po’ invecchiato.

Così si ammette in Domenico Oliva, per esempio, che continui la sua maniera aneddotica e fiorita: — un po’ di erudizione di seconda mano, qualche osservazioncella grammaticale, molti elogi, delle digressioni e dei ricordi personali, con quel tono di civetteria candida e di noncuranza leggera, che egli mostrò di avere imparato dai «chroniqueurs» francesi, non proprio dai maggiori, ma da quelli che venivan subito dopo, i Claretie, i Fagnet, i Brisson, i Sarcey e altri che non ricordiamo più bene, perchè non c’eravamo al tempo degli Scholl e dei Weiss; e poi una gran diligenza, un italiano pulito, dell’ingenuità, dell’amenità, del colore e della somiglianza nei bozzetti: dell’intelligenza magari, ma onesta e che non dà noia: roba un po’ invecchiata, ma di cui nessuno dice male, davanti a un uomo eccellente, da cui parecchi hanno appreso più che non dicano.

Qualche cosa di simile si ammette, ma un po’ meno, nel Gargano: è troppo vicino il tempo in cui le sue osservazioni sopra, un verso o sopra un’immagine sembravano un’audacia, davano un’idea di tecnica, e di competenza; adesso quella