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le lettere 367

fessare, per non sembrar dilettanti e ottusi di mente. Ma pur si sfoga qualche volta quasi inconsapevole: pensate all’ammirazione e al rispetto che sorge naturalmente davanti alla figura di un vero letterato della vecchia razza, che conservi solo un poco di quella educazione fina, di quel garbo e di quel buon gusto, capace di scoprire una cosa nuova e di indicarla sveltamente, come poteva far ieri, non diremo un Carducci, ma un Panzacchi, un Nencioni.

Ecco Ferdinando Martini sorge nel nostro pubblico come un maestro. La gente dice il suo nome e si accosta alle sue pagine, e sien pure vecchie pagine raccolte, con un senso di sollievo e di soddisfazione.

Ora è certo che Martini è uno scrittore assai blico come un maestro. La gente dice il suo nome verso l’elaborazione letteraria, e quel chiaro buon senso che diventa precisione nei giudizi e grazia nei motti; piace e si fa ascoltare, sia che discorra variamente di storia o di letteratura, sia che alzi un po’ il tono nel saggio o nella commemorazione. Ma in somma, tutto il suo pregio, oltre la piacevolezza del dire, viene da qualità moderate e misurate, e sopra tutto dalla educazione letteraria, che risale ai tempi del Carducci, e che gli consentì di farsi giornalista e chroniqueur alla maniera, e con molto nutrimento, francese, senza perdere il buon gusto e lo stile; con questo egli non sorpassava di molto, ai suoi tempi, il valore degli altri scrittori del Fanfulla; se non per lo spirito; e questo lo faceva parer forse, in confronto ad altri amici del Carducci, un po’ superficiale, un po’ francese. Oggi invece fa l’effetto quasi contrario; di essere un letterato molto serio, molto italiano; un rappresentante autorevole della buona tradizione.