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356 | scritti di renato serra |
ma l’espressione di una esigenza intima e severa; che non si contenta delle composizioni astratte, ed è attaccata, attraverso il tecnicismo e la dottrina, ai momenti reali della vita etica e alle angoscie vere della riflessione, attaccata quasi diremmo al solido, al concreto, al tormento che è quel tormento e non un altro in tutto l’universo. Così attraverso la bonomia tranquilla, pingue, un poco floscia e sorridente del suo viso di napoletano miope e senza gesti, si rivela a tratti la maschera dura pesante tetra di un pensiero ignoto.
In quanto poi alla sua produttività più propriamente letteraria, basterà averne ricordato il programma, la cui importanza è tutt’altro che secondaria. In fondo, le note di letteratura, che stanno per cessare, non erano il meglio del Croce; e nell’Italia di ieri hanno avuto un valore specialmente didattico e di cultura.
I nostri lettori, per esempio, non si sono quasi accorti che il Croce è quasi miglior letterato che critico. In quanto è un eccellente scrittore, classicamente misurato e composito, nutrito di reminiscenze e di citazioni che sostituiscono in lui, come in tanti classici e classicisti, il pittoresco dell’immaginazione, ricco di pathos e di calore sincero, che riscalda e manda luce anche; certe pagine, come sul Vico, sono ammirabili; e momenti assai felici di urbanità, di evidenza, e anche di malizia si trovano da per tutto. Aggiungete che la sua critica, fuor che nelle discussioni, quando la personalità dello scrittore diventa pretesto a chiarire un punto e sopra tutto a toglier di mezzo uno pseudo problema teorico, la sua critica appartiene piuttosto alla maniera vecchia che alla nuova: molti e molti saggi si direbbero scritti da uno che certo non ha letto l’Estetica. Son saggi