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338 | scritti di renato serra |
si può ben dire che ha scritto tre o quattro fra le più belle novelle della nostra letteratura: e ne scriverà ancora, con la facilità di questi che non si posson dire anziani, tanto sono ancora tenaci a lavorare e a migliorare, da fare invidia ai giovani. Fra i quali pur c’è qualche cosa di serio, più che non paia. Non saranno opere grandi, fatiche tranquille continuate con quella sicurezza quotidiana e progressiva che crea anche nel pubblico l’impressione di una forza e di una fisonomia nuova: ma anche fra le incertezze e le turbolenze, bastano pochi momenti a far sentire una personalità di scrittore.
Fra quelli che promettono, e ancora non hanno compiuto, vien fatto di ricordare Morselli, che scrisse favole e scene drammatiche con qualche originalità, se non proprio di arte, di invenzione e di vigoria; e ha dato anche qualche novella, di tipo comune, ma di fattura così facile e robusta da fare aspettar meglio. Uno che è venuto fuori pur ora, e può far dubitare un poco proprio per quella felicità raggiunta forse un po’ troppo presto (che non sia il principio dei soliti compromessi e manierismi), è Rosso di San Secondo. I suoi idilli son cosa tutt’altro che profonda o nuova; ma hanno una piacevolezza deliziosa, un tocco sicuro di scrittore che ha superato quasi senza accorgersene la crisi delle imitazioni e della ricerca letteraria. La sua sensibilità prendeva un sapore lievemente artificiato nelle elegie, in cui l’intenzione personale si piegava sotto il peso della letteratura e degli schemi stilistici e ritmici o addirittura metrici: ma se n’è liberata rapidamente e ora si mostra in cose, che hanno meno pretesa lirica, ma piuttosto facilità di racconto e una certa freschezza di fantasia e di umorismo,