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332 | scritti di renato serra |
comuni, derivano da maniere inglesi, che la Vivanti non ha imitato, ma sfiorato soltanto con una superficialità, che riesce appunto più gustosa. C’è qualche cosa di più che una fortuna di tecnica in certi momenti di disinvoltura, che gioca con le cose e con le parole e le fa brillare e risonare lietamente: ricordiamo una serie di impressioni americane che sono una piccola meraviglia di vivacità, così deliziosamente vuote e colorite!
Guido da Verona è press’a poco nelle stesse condizioni: un giovanotto d’ingegno, a cui la vita non piaceva meno dell’arte, per quel che pare, con quel tanto di letteratura che han press’a poco tutti al dì d’oggi, abbastanza ricca e moderna e con qualche pretesa — molto D’Annunzio, per intenderci — ma affatto superficiale in fondo. Un bel giorno s’è messo a scriver dei romanzi; romanzi come quelli di tutti gli altri, press’a poco; con una tal quale apparenza spregiudicata e disinvolta di dilettante baldanzoso, che non lo salvava tuttavia da una servitù letteraria naturale ed inconscia, la peggiore di tutte: alternando gli schemi stilistici e pseudo-drammatici del D’Annunzio con i modi dell’impressionismo corrente e certe audacie di una sensualità mezzo sincera e mezzo di bravata. Prendendo gusto al lavoro e aggiungendo pagina a pagina, ne è venuto fuori un temperamento ricco e autentico di scrittore; ancor torbido nello sviluppo di un motivo molto volgare, come quello dell’ultimo romanzo, senza schiettezza particolare di fattura, ma con un effetto complessivo di vitalità e d’interesse, che si fa più nuovo poi e più personale nella pellicola del cavaliere dello Spirito Santo: curioso libro, tirato via alla lesta sopra spunti che vengono dalla letteratura fu-