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324 scritti di renato serra


Anzi tutto sa raccontare. In mezzo a una moltitudine di pagine fiacche, che non hanno principio e fine altra da quella che dà materialmente il tipografo, narrazione e descrizioni che potrebbero seguitare indefinitamente o piuttosto non cominciar mai, le cose di Zuccoli hanno un taglio e uno spicco proprio; un interesse più di racconto che di trovata.

Non è che non abbia anche lui quelle cose senza consistenza, schizzi di una situazione, motivi di figura o di paese non fìssati, senza giustificazione drammatica, che diventan novelle solo per la necessità del giornale che esce tutti i giorni, della rivista che vien fuori tutti i mesi: qualche cosa bisogna pur dare: lo scrittore può riposarsi, la macchina no.

E Zuccoli è lo scrittore ridotto a macchina. Aveva cominciato con delle intenzioni artistiche, non molto profonde, ma abbastanza sincere; la sua letteratura era la solita modernità francese, senza squisitezze; ma il suo scrivere mostrava anche negli argomenti e nella moralità, qualche cosa di personale, una certa opposizione alle mode d’allora, uno sforzo di spirito e d’ironia, una leggerezza mordace che dava rilievo quasi signorile alle sue qualità di evidenza e di piacevolezza. Questo si è cambiato presto in impronta meccanica, colore brillante e comune che si stampa a volontà sulla stoffa da vendere.

Oggi Zuccoli è una macchina per far dello Zuccoli: senz’altro interesse, quasi, che realizzare nei termini di una colonna o di un volume quei tali effetti che la gente aspetta da lui, e che rientrano perfettamente nel «tipo unico» ben conosciuto.

Un realismo di sensazioni rapide, colorite e