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le lettere 323

pubblico d’Italia — i professionisti che non hanno rinunziato alla lettura, le signore che non vogliono dimenticare di aver avuto una buona educazione, le signorine e i ragazzi non completamente sportivi, tutta la buona media insomma, non concepisce l’arte, ossia il divertimento mentale in forma elevata, il libro di cui si può dire che è scritto bene, con un certo orgoglio letterario, che fa parer naturale e più distinto il gusto delle storielle piccanti e delle indiscrezioni così precise sul mondo dei viveurs e delle cocottes — se non sotto le specie di Zuccoli. Con ciò non si dice che egli raggiunga delle tirature eccezionali, o che abbia acquistato una vera popolarità; che la gente ricordi i titoli dei suoi scritti, che parli dei suoi personaggi e s’interessi alle sue creazioni come a cose simpatiche e viventi.

Questo pubblico è moderato e ragionevole nei suoi entusiasmi; non è capace di infatuazione e di passioni libresche. Da noi la letteratura è un oggetto di consumo: i grandi trionfi sono stati quasi sempre eccezione, per autori che non erano letti, come Carducci, o che interessavano sotto altro aspetto, come D’Annunzio. Le altre cose che pur piacciono, e son cercate e lette veramente, restano di solito a un livello inferiore. Zuccoli poi non è neanche all’altezza in cui era il povero Fogazzaro; di cui alcune creature (indipendentemente dal loro valore intimo: non confondiamo Luisa e Ombretta con Loredana e Farfui!) vivevano veramente nella memoria e nell’affezione dei lettori.

In ogni modo sul mercato letterario, è il produttore più in vista.

La sua fortuna del resto non ci deve rendere ingiusti verso le sue qualità, che non sono volgari.