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322 scritti di renato serra


Della stessa generazione sarebbe anche la Serao. Che scrive, ed è ancora domandata sul mercato, più degli altri forse: ha quel sentimentalismo erotico che piace tanto alle dattilografe di provincia, delle cadenze monotone di dialogo tanto stanco e tanto suggestivo, e poi un feticismo così piccolo borghese e così femminino per il lusso e i vestiti e i gioielli scintillanti delle signore dell’alta società!

C’è stato un tempo, raccontano i vecchi, in cui anch’essa fece dei tentativi di arte vera o propria, con un realismo abbondante, pittoresco e commosso nella sua minuzia un po’ trita.

Se mai si tratta di un tempo lontano. I suoi clichés appartengono alla letteratura commerciale di second’ordine; osservano la moda, con i santi, le madonne e le conferenze sulla primavera italica, ma un po’ di lontano; la seguono, non la fanno. Una persona di buon gusto, fornita di una certa letteratura, che abbia superato lo stadio Invernizio, Montépin, traduzione di Mendès e di Pierre Louys a 0,70 il volume, e che non sia ancora arrivata al grado supremo, Colette Noailles Bergson ecc., o che non senta l’obbligo aristocratico di rimanervi sempre — massime se è un uomo che voglia prendersi qualche ora di divertimento intellettuale, oggi ha altri libri da leggere: sapete quali siano. Zuccoli prima di tutto: il capofila nella nostra letteratura amena, quello che la rappresenta intera nelle qualità e nel successo. Non c’è vetrina di libraio che sia compiuta senza il suo ultimo volume, non c’è fascicolo di rivista o numero di giornale che possa dirsi riuscito senza la novella o la puntata del romanzo nuovo di Zuccoli.

Tutta la nostra borghesia intellettuale, il pubblico del Corriere — che del resto è il miglior