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314 | scritti di renato serra |
vismo della Deledda dal borghesismo della Prosperi, non ci arriva neanche un critico giovane e idealista per professione. Romanzi e novelle oramai in Italia hanno realizzato il tipo unico con una felicità da fare invidia ai produttori di vino toscano.
Un tipo solo in tre o quattro confezioni; la novella per la quinta colonna del quotidiano — articolo corrente, à tout faire — ; la novella per il magazine — rapidità e novità — o per la rivista seria — articolo soigné — ; il romanzo da pubblicare a puntate; e il romanzo che si stampa addirittura in volume — articolo pesante; da esposizione piuttosto che da vendita.
Dopo di che, si potrebbe fare anche a meno di soggiunger dei nomi. Non che facciano tutti la stessa impressione al lettore che squaderna il suo foglio e butta l’occhio in fondo alla colonna; c’è delle firme che si ritrovano volentieri, con una certa fiducia di passar quei dieci minuti meno male; e ce n’è che si subiscono con rassegnazione, come la minestra di magro in famiglia, in quei tali giorni destinati; ma infine, qualunque sia il produttore, noi sappiamo che il tipo della merce non cambia; sia novella, sia romanzo, siamo ben certi di quel che ci aspetta; disegno e fattura, personaggi e scioglimento, interesse e linguaggio.
Tutta questa roba ha una formula, di cui ognuno conosce l’impressione, per quanto non sia così facile renderne conto nei particolari: che rappresentano abitudini letterarie e procedimenti tecnici e imitazioni assai disparate, ma prive oramai di valore e di intenzione propria, dimentiche dell’origine e del significato, ridotte a meccanismo anonimo. A guardar bene, uno del mestiere ritrova nella più meschina di queste novelle tracce