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302 | scritti di renato serra |
nasce una una fatica ben riuscita. Il valore della fatica non è grande. L’ispirazione dei suoi poemi è tutta descrittiva ed esornativa: è il poeta «grande artiere» del Carducci, preso alla lettera, che sbalza i suoi fregi non nell’oro, ma in un ferro greggio, alquanto greve e scuro. Il pregio è nella martellatura: le parole messe a posto come pietre; dure, ma con poca luce. Rime buone, versi aggroppati fortemente: ma i periodi ritmici mancano; manca ogni movimento o principio lirico. Anche le liriche personali hanno la stessa intensità di espressione nei particolari — sensazioni generiche di vedere, sognare e via via, pur realizzate con una minuzia che può ricordare il Pascoli: un Pascoli, se è possibile, rigido — ; e la stessa freddezza di pezzi slegati, senza interesse, lo stesso peso di un travaglio, che pare a primo sguardo profondo e potente soltanto perchè è imperfetto e difficile. La prosa come di solito illumina i versi: si posson leggere di lui dei racconti smaglianti e pesanti. La elaborazione letteraria nel Chiesa non arriva a essere una delizia, come in certi classicisti; resta una fatica seria e nobile, ma il più delle volte senza scopo.
Come in esso la lambiccatura, così in un altro una certa mollezza ed effusione larga di accenti commossi creava qualche sospetto di poesia. Ma tutti sanno che il sospetto è forse meno fondato in Bertacchi che in Chiesa. Bertacchi è un eccellente poeta milanese, che ha per tutte le occasioni dei buoni discorsi sentimentali e patriottici, e delle buone poesie sane ed eloquenti; ha della pietà, della serietà, s’interessa alle miserie sociali e al progresso, ama le Alpi e i prati, ha una voce calda e simpatica, il verso facile, il periodo armonioso. Non è un professore come gli altri; dice