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coscienza letteraria di renato serra xxxv

vedere con lo stesso occhio e con la stessa intenzione. Un cenno, un seguo, un disegno, una figura risolvono per un dono di grazia tutto ciò che su un qualunque tema egli avesse mai pensato e annotato. Come un o un no di cui rimandasse ad altro tempo l’occasione di discuterne. E in realtà la discussione, la notazione è tutta nell’opera sua, nel gusto che da quell’opera risulta, nel particolare tono di quel gusto. Il giudizio parrà sommario, naturalmente. Solo però al lettore grosso, a cui piace la moneta spicciolata in centesimi, che ora non usan più. Direte che talvolta egli gira troppo all’esterno, è poco penetrante, come in questo rapporto su Gnoli:

Così son chiusi i volumi di Gnoli. Il quale si chiama anche col nome di Giulio Orsini, e con altri nomi: è tanto tempo che scrive, cominciò prima del ’70, che i nostri padri, a Roma, non c’erano ancora arrivati. È un eccellente letterato, e aveva anche disposizioni singolari alla poesia, che tentò in molti modi. Ci sarà, nei manuali, un paragrafo per lui, staccato dai su ricordati, a cui noi dobbiamo unirlo nel rapido saluto.

Ma questa è velocità di finissimo giudizio, d’ironia sottile, questa è arguzia di mente eletta. Vi paion cose troppo tenui? E allora cercate il capitolo su D'Annunzio. Poco più di dieci pagine sono. Ma son pagine superbe, tutte d’alto stile, tutte sollevate da un’aria vivida; le sole che lo storico venturo porrà come prefazione, e nessuno ne scriverà di più belle, all’antologia dell’ultimo D’Annunzio. Ricordate lo stacco filiale, quell’improvviso balzo in alto. E accompagnate la mano che verga queste ultime righe scandite:

....ci siamo chiesti di che cosa ancora possa esser capace quest’uomo. Chi può tracciare i confini al suo lavoro, chi può dire se egli non sia sul punto di darci il