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292 | scritti di renato serra |
ma è sempre notabile per la felicità, arguta di quei bozzetti, una delle poche cose spiritose e piacevoli che abbia la nostra letteratura, che non supera di solito l’umorismo di Oronzo. Trilussa ha anche una bravura e un sapore di verseggiatura, che sfugge di solito nel gioco dei motti, a cui il pubblico bada; ma è qualità d’artista.
Al buon tempo delle letture, insieme con lui si soleva ricordare Barbarani, sentimentale e gentile; non privo di una certa freschezza; ma non pare che produca altro.
In ogni modo siamo ben lontani da Di Giacomo. Uno solo, dei nostri, è degno di essere ricordato accanto a lui, come poeta; e come lui, per quanto assai più giovine e vicino, resta un po’ sulla soglia di questa letteratura d’oggi; sospeso, incerto di tornare. Per adesso, scrive degli articoli di giornale, delle impressioni di viaggio, delle fiabe e delle cosine per bimbi; senza neanche l’interesse che ha l’erudizione o il teatro di Di Giacomo. Il poeta oggi è assente. Il nostro bel Guido Gozzano è rimasto nei Colloqui. Aveva annunziato dal 1912 un poema sulle farfalle; di cui si ebbe qualche primizia, che era una reminiscenza pascoliana. Poi non si è avuto altro. Il poeta si riposa. E noi non sappiamo se tornerà, o se ci lascerà solo la sua immagine prima «sempre ventenne».
Intanto è un piacere ricordare quella cara poesia di un giorno, che tutti abbiamo amato un poco, anche senza saperne troppo bene il perchè.
È inutile rettificare un’illusione che il tempo già comincia a correggere naturalmente. Ma il fatto sta che quel che i più di noi presero per carattere e qualità essenziale della poesia di Gozzano, era soltanto un’illusione, un gioco creato