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xxxiv | coscienza letteraria di renato serra |
da un catalogo, il catalogo laterziano degli Scrittori d'Italia.
Così le analisi sono portate qui su altro campo, su questi studi d'insieme, su queste pitture vaste. Ma, senza l'impegno della fedeltà alla parola scritta, senza obblighi letterari puntuali, esse riescono tutte libere e sciolte, quasi una cosa di fantasia, mezzo curiosità storica, mezzo schermaglia, mezzo divagazione, condotte con ricchezza di notazioni, dove la varia cultura del Serra ha sorretto il gusto e il giudizio a variare il quadro di colori e di umori. E come i panorami, le ricapitolazioni, chè tutto il libro è pieno di ricapitolazioni; e i ritratti, chè tutto il libro è pieno di ritratti. Partito sembra alla ventura per queste escursioni fortunate della sua vigile penna, come per cercarvi nient'altro che diletto. E poi, la disposizione sua a scrivere sempre più leggero, con quanta più avvenenza possibile, con estrema eleganza, e una dolce inclinazione del periodo e della frase. Ha fatto com’egli dice di D'Annunzio agli ultimi anni, nelle sue cose «scritte un po’ a caso», «mandate una dopo l’altra a un giornale», e la sua «qualità vera» allora si dimostrò «con una purità repentina», «senza schemi, senza programmi». Andando per suo cammino, tra i ricordi del passato, tra le memorie della sua vita, la pagina restava dietro lui «lieve e sciolta come una foglia, non legata a nulla», «piena e perfetta in se stessa», «limpida come una goccia d'acqua pura». E ha fatto anche com'egli dice di Soffici, venuto per lui il momento di uscire dalla sua brigata e liberarsi dagl'impacci del pensiero, dagli errori polemici, che se n'andò per il mondo e scrisse le sue impressioni ed erano «una festa». Le cose più belle, in questo libretto delle Lettere, sono da