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le lettere 279

che l’altra parte, la pompa panica l’apparato classico italico eroico di quelle stesse Laudi, è finito nel meccanismo arido delle Canzoni d’Oltremare, scritte a getto continuo, quasi per servire di settimana in settimana l’infatuazione del pubblico e la speculazione dei giornali: niente è così grave come quei pezzi di cronaca versificata, in cui le lunghe e sensuali descrizioni hanno un realismo di bravura senza scopo, proprio come l’enfasi delle esaltazioni a freddo; e tutti i luoghi comuni, i fantocci della retorica di moda, le anime e le vanità regionali, l’odor di sangue misero e d’imperio falso sono sfruttati tranquillamente insieme con i detriti delle erudizioni e preparazioni diverse, pezzi di nazionalismo marinaro che risalgono alla Nave e ritagli di medievalismo levantino trovati sulle orme di Barrès: la freddezza dello scrittore compone di ciò un congegno ammirabile di versi martellati e squadrati e commessi come le tessere del legno duro nella tarsia: e tutto è fino, pulito, solido, liscio, terribilmente morto e tedioso, senza una voce di poesia, fuor che un accento forse o un sospetto alla fine, come un sospiro dell’uomo stanco della vana fatica.

E così del resto; quello stile che mescola il classicismo misurato e saporito dei nazionalisti francesi e il linguaggio enorme il respiro senza ritmo di Claudel insieme coi vecchi stampi dattilici e tragici; quei versetti di un’enfasi nuova e di una maniera antica, rappresentano, meglio che lo sforzo, la indifferenza meccanica dell’uomo a cui tutti i metalli e tutte le materie sono buone per il suo conio; e raccoglie e liquida tutta la roba che gli era avanzata, utilizza il misticismo snobistico e il latino decadente nel San Sebastiano, i palagi e le pitture di Ferrara nella Parisina,