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264 | scritti di renato serra |
c’è il tipo per la poesia provinciale, per il verso storico da teatro, per lo scritto polemico, per l’impressione pittorica, per tutto insomma.
E c’è della gente che maneggia con una certa abilità questi tipi, senza distinzion di persone o di caratteri, senza discussione e senza contrasto.
Contrasti veramente ce ne sono, ma di natura affatto personale, di valore pratico e mondano: la gente che si accapiglia non è divisa da interessi spirituali, altro che in apparenza, qualche volta; e anche allora il linguaggio, le ragioni e le formule sono identiche, da una parte e dall’altra.
C’è qualche gruppo di giovani, qualche cenacolo di eretici, che fa un po’ di rumore in disparte; ma son cose passeggere, superficiali, che s’intonano subito al concerto comune, o se mai hanno importanza per la cultura e per la pratica. Passione letteraria vera, di quella che suscita le audacie e i sacrifizi, di quella che s’irraggia dalle nature veramente originali, genio in qualcuno e fede e devozione e ardore in quelli che gli stanno intorno e vivon di lui, non ce n’è nemmeno fra i giovani: se si toglie il gruppo fiorentino, (e anche lì, l’eccezione bisognerà farla con discernimento), i movimenti degli ultimi anni niente hanno dato alla nostra letteratura. E poi, finiscono così presto; entrano così rapidamente nel seno della santa madre chiesa giornalistica, e adattano così bene le fisonomie che parevan ribelli ai quadri e ai tipi della nostra antologia eclettica. Forse che nei libri di lettura per le scuole tecniche, dove hanno già messo le corrispondenze dei giornalisti, non c’è il posto bell’e fatto per metà dei futuristi (i motori, il telegrafo senza fili, la galleria di Milano, ecc.)?