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252 | scritti di renato serra |
ma non si posson sottrarre a certe abitudini del linguaggio e orientamenti del pensiero.
È un senso nuovo dei problemi astratti, un bisogno di definire i valori e i limiti spirituali, una disposizione all’analisi e al ripiegamento, un abito di dubbio e di controllo interiore, che diventa inquietudine assidua della coscienza, e rende anche al lavoro dell’arte un non so che di intenso e turbato e serio.
Iva critica ha rinnovato in tutti non soltanto la conoscenza storica e teorica, ma anche il sentimento diretto dell’arte, nella sua essenza e nei suoi problemi: ha dato insomma alla nostra letteratura una coscienza, che è diventata tormento e legge del pensiero come della poesia.
È qui forse che bisogna trovar la ragione di certe qualità particolari, più intime che appariscenti, del tempo nostro; in cui a una certa sprezzatura e disinvoltura di modi, che vien dalla cultura, si accompagna una esigenza più acuta di novità, di originalità, di indipendenza, un fastidio del convenzionale e del retorico, una insofferenza sottile.
Come c’è un pensiero nuovo c’è anche un lirismo nuovo. Non compiutamente e non ugualmente espresso, forse; sentito come un bisogno e come una aspirazione più che come una gioia piena; accennato e velato perfino da certe rinunzie, abbandoni, nostalgie. Ma tutti sentono che anche lo squallore, l’assenza di colore e di orgoglio poetico, che è in molti dei cosiddetti poeti giovani, nasce da quello stesso affetto della intima vergine poesia, che appare in altri come audacia, rottura di forme e di tradizioni, impeto e scoppio immediato: è un lirismo più puro, se si può dire, che è diventato, al di fuori di ogni divi-