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le lettere | 251 |
ritto, anzi d’obbligo connine; la cultura più che letteraria si potrebbe chiamare tutt’insieme artistica, concorrendovi con la stessa importanza le esperienze e l’insegnamento di tutte le arti, e via via la curiosità di tutte le età e di tutti i paesi, dall’Egitto al Giappone, da Omero al cubismo.
Da una parte si è moltiplicata la varietà, dall’altra la serietà, è cresciuta; non c’è più quasi in Italia il tipo del letterato puro, di carattere sia grammaticale sia artistico; la filosofia e la critica sono diventate una esigenza così viva della cultura, che nessuno può farne a meno; e proprio in questo è da trovare, secondo il parere di molti, il carattere definitivo del nostro momento.
Non si parla solo di una certa diffusione di conoscenze, abitudine di linguaggio più proprio, precisione di concetti e posizione di problemi, interesse più largo per i fatti e i drammi del pensiero: questo, che potrebb’essere un episodio superficiale della cultura, appare intorno a noi un principio più profondo e una qualità intima della vita letteraria. È, come dicono, il momento della critica.
Non si dice la critica in quanto erudizione e inventario storico, com’era nella generazione precedente; ma critica come esigenza e problema del pensiero, passione dell’animo e forma dell’arte.
Ed è inutile aggiunger particolari; il posto che la critica ha oggi nei giornali, nelle riviste, nell’attenzione del pubblico; l’importanza e il numero degli scritti, il valore delle persone che vi attendono, non come ad esercizio secondario dell’ingegno, ma come ad opera d’interesse pieno e primo; e poi e sopra tutto il posto che la critica ha preso negli animi, nell’intimo anche di quelli che ne sembran più lontani e più infastiditi,