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230 SCRITTI DI RENATO SERRA

dei poeti, e poi quel frescolino pungente della mattina, che fa soffiar sulle dita,

                         (.... Aussi je souffle un brin
dans mes doigts. Chaud! Chaud! Chaud! Quelle joie souveraine!
Une mésange bleue chante sur le moulin
de la ville endormie où seul je me promène).

Bisogna rileggere per sentire il valore di quel secondo verso, in cui pare che le sillabe capiscano a pena e conviene star attenti per farcele entrar tutte; no, per riuscire a quel respiro di gioia, che si distende e si divincola melodiosamente nel finale così lieve e così largo — sola una cincia su tutta la città! — e le rime ripetute come una cantilena ci avvertono che siamo proprio al canto; le rime allungate e continuate, con una piccola variazione dentro che accresce la musica.

Di verso in verso tutto vibra più forte; le sillabe prendono un suono pieno, un valore fermo; non ci son più giochetti, niente da elidere, da escamoter; tutto si canta, il sospiro è diventato profondo come un’armonia di orchestra.

Rayons du jour naissant! frâicheur délicieuse

— scandite queste sillabe a una a una per sentir con che gioia si staccano e vibrano —

de cette matinèe! et je vais, clandestin,
m’instruisant d’une ville entre toutes heureuse
et pareille à l’Aurore en son calme destin.

Non ho fatto a tempo ad accorgermi della grazia che è in una parola sottilmente trovata — m’instruisant! — ; perchè c’era qualche cosa, nel finale precedente, di così spiccato come suono e preciso come impressione, che mi bisogna segui-