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222 SCRITTI DI RENATO SERRA

po’ rannuvolata, scivola e sfuma deliziosamente. Ciò basta per farmi risalire a leggere dal principio. La prima la seconda la terza strofa passano rapidamente come nell’attesa di qualche cosa che si forma dentro di me; lagrima o sospiro?

E avviene l’altra strofa, avviene il piccolo miracolo: luce e calma, argento e pace perfetta.

Anch’io sono un altro. Sono un sospiro di felicità che se ne va leggero e sospeso sino al termine, attento solo a non perder nulla, trattenendo il batter delle palpebre e il fiato, perchè il miracolo non si dilegui; e quando ho finito, torno indietro senza fermarmi, e rileggo, passo e ripasso sulla mia commozione e sulla mia gioia come sulle corde che rendono all’arco che va e viene senza staccarsi il suono a ogni volta più largo e più ricco, granito e traboccante e festoso. È un andare e venire, un riprendere e lasciare, strofa a strofa, verso a verso, sillaba a sillaba; far chiaro lo scuro e poi oscuro il chiaro; l’analisi minuta ridiventa corrente e fluente, e torna al suo principio, alla strofa, alla musica, da cui tutte le altre si dilatano, come cerchi propagati l’uno dall’altro sull’acqua, in una continuità silenziosa che si potrà rilassare ma spezzare non si può più. Tutto quello che ho letto e inteso dopo, l’analisi e la conversazione, le limitazioni e le sorprese successive del poeta che ho voluto conoscere, conserva ancora e sempre qualche cosa della vibrazione iniziale, si dispone naturalmente intorno al primo punto con quel rapporto che ha la circonferenza del circolo al centro. Le mie labbra ridicono: «nul bruit....».