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RINGRAZIAMENTO A UNA BALLATA DI P. FORT | 221 |
se: ci tornerò. Intanto vo innanzi, verso Mortcerf, e poi torno indietro a Gonesse, al castello del sire di Coucy; vedo così di fuga le nozze della Senna e dell’Oise, Pisse fontaine, il dio del tempo bello, la costa di Chanteloup; poesie brevi, che si confondono un poco, come fiori, che li vai odorando uno dopo l’altro, e non riesci più a discernerli; e più ne odori, più ne odoreresti; vigne, dolcezze, rugiade, sole, susurri, riflessi che mi attirano e non arrivano a prendermi; un’orgia leggera e fugace di sensazioni, di allegrezza e di limpidità, che finisce a stancarmi senza contentarmi. Ma seguito a sfogliare, a cercare, a leggicchiare, persuaso di non poter far altro che accrescere più e più l’irritazione di questo piacere troppo superficiale, e pure incapace di resistere alla lusinga.
Trovo la visita a una vecchia dama; passo oltre per istinto; non voglio cose tristi, solo del piacere. Ecco dei cavallucci di legno, che riposan sull’erba una vigilia di festa al villaggio, con una malinconia un po’ insipida (non sono non sono i «bons chevaux de bois»); una celia sui pittori e su non so che chiome, con poco interesse; e poi un bel titolo: Reconnaissance matinale de la ville.
Corro coll’occhio al fondo della pagina, per un assaggio; e l’ultima strofa («Du moulin d’eau sur l’Ourcq tremble le blanc crépi. Un souple pont traverse et canal et rivière — en deux bonds — mais sans bruit — tel ces souples chats gris que voit bondir la lune en l’argent des gouttières») mi trattiene con un istante di incertezza ritmica, fra secondo e terzo verso; appena un istante; attraverso quello, l’ombra del ponte arcuato sull’acqua del canale, e quel fuso di gatto bigio allungato sul tetto che deve brillar d’ardesia alla luna un