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RINGRAZIAMENTO A UNA BALLATA DI P. FORT | 213 |
la tendenza necessaria alla semplificazione, alla ripetizione, allo schema come principio musicale, la virtù dell’accento individuale che ha saputo e voluto accettare la legge, e si è purificato senza perdersi nella contraddizione, e tutte le altre storie, per cui si trova che la libertà è identica alla tradizione, salvo il rumore e l’insolenza. Tutto ciò non toglie di dover ammettere che accanto alle canzoni e ai sonetti c’è posto per il verso bianco e per ogni sorta di cose libere; non solo, ma oggi queste ultime rappresentano un valore e quasi un progresso di sensibilità tecnica sopra le forme classiche. E la mia fedeltà era una vanità di adolescente letterato, che si illude di possedere una certa forza per difendere le sue amicizie e i suoi gusti; era una licenza, che io concedevo a me solo, di crearmi una fede e di confessarla con un piacere arbitrario. Era un lusso insomma ed è ora che io vi rinunzi. Sono così stanco di tutto, fuor che della verità!
Mi dispiace quasi che in Paul Fort io debba rinunziare a ben poco dei miei gusti vecchi. In lui non c’è presso che nulla di nuovo, che possa urtarmi, al di fuori di quel sacrificio abbastanza inutile, che egli ha voluto fare materialmente dei suoi libri a un pregiudizio tecnico. Poichè è bene un pregiudizio, in uno che scrive come lui, quella legge di stampare tutto a un modo, sopprimendo ogni punto di ritrovo o di riposo per l’occhio e per l’orecchio. Ciò allontana il piacere, ma non ne muta la qualità: che è sempre la solita, alla fine. Quando torniamo indietro, quando, dopo aver riletto e tentato e scrutato, quello che pareva incerto e fluido diventa a poco a poco solido e fermo nella sua cadenza esatta, e i versi si spiccano a uno a uno, schietti e flessibili, dalla compagine