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RINGRAZIAMENTO A UNA BALLATA DI P. FORT 207


Tutto mi piace ugualmente e non rinunzio a nulla. Una stessa avidità di passione curiosa e irrequieta assorbe il dolore e il tormento e scambia il passato con l’avvenire; le pene somigliano alle illusioni e le speranze ai ricordi, e tutto è desiderio che passa e non si consuma nel mio cuore, dolcezza ambigua e perpetua sulla mia bocca; carezza dei capelli sfiorati e disciolti, urto di carne ribelle, odore di ignoto, soffio irritante e fuggente. Sorgono una dopo l’altra le forme leggere, come se ogni battito del sangue dentro le tempie ne creasse a ogni attimo una, a cui correre incontro senza lasciare l’altra nè l’altra; e tutte si sciolgono, sono presenti insieme, sospese sull’anima come il miraggio che sempre si dilata, tutte premono e mormorano e vanno nella corrente silenziosa e dolce.

Passano le ore, i giorni, gli anni: non so più da quando. Ci devono essere tante cose dietro di me, che mi aspettano forse; pendono e ondeggiano nella memoria come i brandelli di una tela non compiuta. Ma tutto è interrotto, sospeso, disciolto nella dolcezza del vivere, così uguale e così piana nel suo liquido velo, che alla fine non ne resta nulla fra le mani che vorrebbero stringerla. Mi resta lo sbattimento vago e doloroso degli occhi che devono ingranarsi con la realtà, e il vuoto e la stanchezza di questo minuto.

Stanco di esser contento. Stanco di lasciarmi trasportare da questa dolcezza irresistibile e stupida, che sorge senza ragione e mi trasporta senza mutamento e mi fa godere di tutto, anche del mio male, e mi impedisce di conoscerlo e di averlo per me. Mi impedisce perfino di essere triste; mi concede solo questo peso amaro e vano, che conserva un gusto di cenere e di piacere, questo bruciore