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206 SCRITTI DI RENATO SERRA

poi il nulla torna a esser corpo, sostanza di silenzio e di fugacità, visione mobile e labile come le cose che appaiono tra il vetro e l’ombra, ferme fin che l’occhio sta fermo; e a ogni tremar delle palpebre si disperdono in tremole lame dentro la trasparenza.

Come cerchio da cerchio e suono da suono, sorgono l’uno dall’altro piccoli drammi dentro la mente e si dissolvono e tornano a formarsi intorno al punto che mai non muta. Quella che aspetto o quella che ho scordato, quella in cui mi riposo o quella a cui non voglio pensare o quella che è ritornata improvvisa attraverso il buio del sonno? Passano a una a una, e ognuna è la prima e la sola. Il pensiero si attacca a quel punto unico, come la bocca alla bocca; guarda la faccia e ode le parole, ripete l’incontro e ricomincia il dialogo, lo ripete e lo ricomincia, lo tenta e lo moltiplica, lo abbandona e lo sopprime e poi lo ritrova e lo rinnova tante volte, fin che l’incanto è esaurito; si scioglie, si rompe, si disfà come una bolla d’aria scolorata; e non ne resta più niente, è distrutto; è soltanto la contentezza vaga e amara che sia distrutto; la contentezza così intenta e così fissa che a poco a poco lo torna a creare....

Una e un’altra e un’altra.... Quale è la gioia e quale è la pena, quale è la vera, quale è la mia? Tutto è uguale, avere e perdere, sperare e temere; godere e soffrire. Ma ch’io guardi, ch’io senta, ch’io pensi; ch’io abbia dinanzi a me un riso un viso un profumo, qualche cosa che mi attiri o che mi fugga, qualche cosa a cui mi possa attaccare colla carne con l’anima, qualche cosa che mi faccia sentire, nel bene o nel male, attraverso l’inquietudine e al di sopra del piacere, la vita. La febbre, il sogno....