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«la fattura» 197

immutabile; tanto che è difficile discernere se quel «màndorlo | à prima|vera» sia più una consuetudine di metafore, o di numeri dattilici. Ma sempre è cosa vana, non meno che la figura solenne di prima: «era invece di statura mediocre....».

Bisogna avere insistito su questo punto per apprezzare convenientemente il resto della pagina, in cui quella che pare descrizione precisa e pittoresca dell’uomo riesce infine processione di grandi frasi astratte:

«Egli aveva una singolar virtù scimiatica.... e aveva una tale versatilità di aspetti e una tal felice potenza vocale di contraffazioni.... sapeva cogliere il lato ridevole degli uomini e delle cose....».

Tutta questa abbondanza è vacua e sommaria. Così di parola in parola si arriva alla fine, e si conosce che cosa possa valere:

«Il suo cranio era coperto d’una sorta di lanugine simile a quella del corpo spiumato di un’oca grassa che ancora sia da abbrustolire».

Questo Maupassant diffuso e nuotante per il fiume dannunziano non ci fa più meraviglia; e molto naturalmente accettiamo la continuazione retorica. «Or dunque La Bravetta, come vide i suoi amici, li accolse con cera festevole....».

Anche il cosidetto realismo ha finito di occuparci come un problema. Esso non esiste in D’Annunzio se non come qualità secondaria di una parola che per sè è trattata con altro animo; come quando riprende, pur dal Maupassant, le battute indimenticabili:

«Ces mâles allaient, à pas tranquilles tout le corps en avant à chaque mouvement de leur longues jambes torses, déformées par les rudes travaux»; le facce «fanées ainsi que de vieilles pom-