Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
186 | scritti di renato serra |
Discorrendo abbiamo trovata tanta differenza e anche maggioranza del D’A. sopra il Boccaccio e sopra il Maupassant. Leggendo ci accorgiamo che egli piace molto meno di loro.
Fermiamoci al Boccaccio. Egli raccontava una novella.
Il suo ideale artistico in principio era molto semplice: contentare una brigata di onesta gente che stesse a sentire, per passar tempo.
Il Boccaccio scrive quasi al modo che avrebbe parlato; intendendo a guadagnarsi la grazia degli uditori con una bella trovata e raccontata bene, con educazione e con garbo e in bell’ordine.
L’aria piacevole della conversazione non nasce solo da certe formule, che potrebbero essere estrinseche, come il preambolo del narratore, e i commenti e il molto riso delle donne alla fine, e i richiami «assai l’avete di sopra udito», e via via.
Il fatto non vuol essere già, come direbbe un moderno, rappresentato; ma è raccontato da lui con una cura speciale di abbreviare i particolari inutili, e di rilevare i punti essenziali, di sottolineare le arguzie e di spiegare e chiosare onestamente tutto ciò che meglio si presti alla intelligenza e al divertimento di chi ascolta.
Non c’è indugio di descrizioni. Quando è stato chiarito come si ordisca l’ultima trama, all’effetto basta un cenno riassuntivo, «Calandrino così fece».
E poi tutte le altre circostanze accessorie, pur necessarie al successo, si trovano raggruppate in una rapida esposizione che mette capo al punto essenziale della beffa:
«Ragunata adunque una buona brigata tra di giovani Fiorentini, che per la villa erano, e di lavoratori, la mattina vegnente dinanzi alla Chie-