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«la fattura» 185

cio, molto scopertamente: la materia sembrava cavata dagli altri, ma era trattata secondo un fine nuovo.

Dietro a quelli Mida viene:
ciò che tocca oro doventa.

Questi versi finiscono per applicarsi anche al D’Annunzio, come già al Poliziano. Le parole degli altri sulla bocca di lui si trasfigurano. Tutto il suo dire ha una melodia beata, che non nasce da nessuna imitazione, ma solo è di lui.

Basta stare un poco a sentire. È detto, per esempio, di Peppe La Bravetta:

«Anche di quelle foche egli aveva la pigrizia, la lentezza dei movimenti, la ridicolezza delle attitudini, l’amore del sonno. Non poteva passare dall’ombra al sole o dal sole all’ombra, senza che un irresistibile impeto d’aria gli rompesse per la bocca e per le narici».

Nessuno ha mai sentito nè Maupassant nè altri parlare con tale una bocca rotonda. Tutte le altre facoltà dell’artista, per quanto bellissime, cedono finalmente il luogo; e, come minori, sopra la bocca dolcissima, bocca veramente d’oro, pigliano qualità meravigliosa.

Così si disegna un primo abbozzo di analisi. Ma tutte le sue parti sono sommarie e generali. Esse possono soddisfare, più o meno precisamente, l’esigenza logica; ma se veniamo al paragone della lettura, l’animo non pare soddisfatto. C’è ancora nella nostra impressione un fastidio oscuro.