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severino ferrari 175

fino alla piena orchestra dei grilli e dei rosignoli e delle raganelle, è rappresentato con quella delicatezza un po’ magra e disuguale e intensa, che par tutta di Severino. Può essere infine questo quasi mirabile impasto, in cui che cosa sia qualità schietta dell’uno e dell’altro non si può dire; pare un Pascoli rifatto, ricalcato, con un sentimento dei particolari squisito (suggono invece di bevono; coloriti, annusa); ma di dove è venuta la carezza di quest’ultima rima, odorosa come bacio sopra una corolla?


La nonna fila e dice. Suggon le sue parole
i bimbi coloriti le belle occhi-di-sole.
Dice del minor figlio d’un re, smarrito a caccia,
e de l’orco che annusa fiero l’umana traccia.
De l’orco i bimbi tremano come al vento le rose,
ma dietro i re si perdono le belle occhi-pensose.

Il Pascoli non so come avrebbe saputo fonder così bene il fantastico con l’umano, il tremore dei bimbi e il sogno di queste fanciulle; impallidiscono al paragone «i monelli.... fra i cartocci strepitosi», e «le fiorenti ragazze occhi-pensosi».

Ma è inutile portare sottigliezza di paragoni e di inquisizione sopra un punto, a cui l’ombra deve restare amica e discreta. Contentiamoci di avere intraveduto il momento raro e bellissimo, di una poesia che nasce a un tempo in due anime di amici; la loro consonanza si confonde affettuosamente e non si lascia discernere più dai curiosi.

Il momento è breve, fuggevole. Quella risonanza nuova argentea non sappiamo di dove venisse allora. Ma se passa un poco di tempo troviamo che il Pascoli la continua e la diffonde; il carillon, il campanello di cui parlava un altro più grande incantatore di anime, egli l’aveva