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168 | scritti di renato serra |
Ognuno ha sentito la gaiezza di suono e di moto nel terzo e nel quarto verso.... Volevamo rileggere senza fastidio di chiose, e non ci vien più fatto. Pare che queste piccole cose abbiano bisogno d’essere assaporate un poco per volta, fra una chiacchiera e l’altra come frutto gustato in compagnia d’amici. E così si vuol notare la malinconia che è diventata scherzosa, e poi riderà in una fantasia molto amabilmente goliardica; intendete per goliardica quella innocente bizzarria di amici letterati, che qui fiorisce nei ricordi delle belle novelle antiche, tra il fare popolaresco e quel del Pulci.
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E poi viene il momento della poesia. La descrizione della città, con la sua bella simmetria e aurea mediocrità di elocuzione, è quasi cornice entro cui si riaffaccia il paese amato, così semplice e povero; ma la retorica del principio rende più caro in fine il cuore, cuor di fanciullo che ricorda.
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Ci potremmo fermare come al testamento poetico e quasi all’epitaffio di Severino.