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alfredo panzini 145

stella mattutina. È la diana delle vecchie, che precede la diana del tamburo. Alba: spesso le porte del tempio si spalancano: sotto l’ombrello giallo oro esce un prete in cotta e stola: un diacono avanti scuote un campanello: dietro una schiera di vecchie in gramaglie. Il loro passo ha un ben lugubre ritmo dietro quel campanello. È il pane ai morenti.... Ore sette: i garzoni dei fornai portano nelle gerle e nelle ceste il pane caldo ai vivi. Ore otto: i bambini vanno a scuola: rosei volti, nutriti di buon sonno e di caffè e latte: Pirro e gli elefanti; coniugazione perifrastica; teorema di Pitagora, ecc., secondo le età e la scuola. Vicenda delle ore!».

Qui la nudità dello stile è volontaria e nervosa; lo scrittore conosce troppo bene l’effetto di quelle ligure brusche di chiaroscuro e di musica, e vi insiste; si sente la voce appoggiare crescendo sullo sdrucciolo di illuminano, e poi con progresso ritmico su quei suoni che schiariscono a mano a mano; puro, marini, mattutina. Quella è riga scritta collo stesso sentimento di un verso; ma di un verso velato con un certo pudore ingenuo.

Poichè la nobiltà dell’animo del Panzini non può mutare se anche muti il modo della sua operazione: e quella che in lui non viene mai meno è la grazia di una poesia nascosta nel cuore, che non ha tanta forza da svolgersi dias in luminis oras, ma canta attraverso il suo dire una fontana segreta.

Poetico in lui è il movimento armonioso dell’animo, il sentire fresco, l’accento profondo e vibrante che colma di musica le sillabe dei vocaboli comunali; ma questa resta in lui una forma intima, una intenzione non espressa. Diciamo meglio: la intenzione sua si rivela perfettamente