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alfredo panzini 131

e di erudizione con cura squisita nella elezione dei vocaboli di buona origine e nella elaborazione del discorso, razionalmente architettato secondo l’uso del cinquecento, e con passion letterata nell’adorare le forme e calcare i vestigi dei classici, ma anche con una intenzione di sincerità espressiva e con un amore di naturalezza sia toscana antica che popolare d’oggi, e perfino paesana, che fa meraviglia e piacere a rileggere. Ma quanti sono che abbiano pur letto?

Amore religioso dei classici e studio assoluto di sincerità; questa lezione egli, e i compagni suoi avevano appreso dal Carducci; e non già in frasi ambiziose l’avevano mandata a memoria, ma se n’erano resi ragione punto per punto nella conversazione degli scrittori e nella pratica e negli effetti dello stile. Ognuno poi seguitando secondo questo ideale a suo modo, chi s’accosta va più a una sostenutezza fra cinquecentesca e latina, chi aggiungeva quel modello di elaborazione accademica e squisita, che oggi è rappresentato meglio dall’elegantissimo Albini, chi serbata dell’abito classico solo la schiettezza consapevole nell’uso delle forme, si muoveva verso la urbanità di un discorso semplice e agevole e vario, come ha fatto l’Albertazzi.... È inutile dirne di più ora. lo spero di tornar con più agio sopra questi scolari del Carducci, che sono anche della nostra famiglia romagnola.

In quanto al Panzini, egli è certo di questa scuola; se non che, a guardarlo da un punto di vista puramente formale, non è in essa fra i migliori. La sua prosa, secondo la maniera carducciana, è buona; ma alquanto magra. Quella che è più salda ragione nel discorso del maestro, la sapienza di composizione e abbondanza agevole