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124 | scritti di renato serra |
tumulto dei pensieri finisce in un sorriso; invece di filosofare dietro ogni donna che passa, (pianto sarebbe più semplice e più igienico cercarne il piacere. Chi possa!
Altri giorni, altre figure, e altre fantasie; ma la passione e l’amore cantano sempre più forte di ogni altra cosa umana. Cantano, con la forza di un torrente, il canto delle vergini ardenti («virgines ardentes»); marchesine zitelle, la cui dote fu sacrificata al lusso del primogenito e della sua moglie preziosa; ora intristiscono nella gran villa e passeggiano contegnose colla marchesa madre dal volto di cammeo ingiallito, per le strade della collina. Imperia va anche in bicicletta; bruna, alta, superba, il vento della muta passione rapisce nella corsa le sue chiome di Menade irrigidita dall’orgoglio.
Ma come sorge bella alla veduta del mare!
Il mare «era verde e livido più che azzurro, e sotto l’impulso del gran vento di levante, quel piano unito si rompeva in lunghe file di schiume bianche, che ricadevano con fragore di armi guerriere.
«La luna pendeva pallida su dal cielo. Verso occidente il cielo era di fiamma. Vera nell’aria la lucentezza livida di un temporale lontano.
«Su lo spaldo della ferrata, dove più feriva il vento, quivi sorgeva, nera, la figura di Imperia. La ricca gonna e i capelli le ventilavano dietro. D’una mano reggeva la sottile macchina perchè il vento non la sbattesse a terra; dell’altra teneva impugnato il berretto onde la fronte e tutto il viso — un viso forte, quasi maschile, ma lumeggiato da due grandissime vertiginose pupille nere di donna — era esposto al vento.
«No, ella non contemplava i cavalloni del