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94 scritti di renato serra

con una fede serena e superba, con una reverenza di tutto ciò che era stato o grande o buono o bello, con un amore dell’opera propria e dell’altrui, che, per essere senza illusioni di eternità, non par tuttavia meno benefico.

Che cosa importa, ora se a noi manichino i doni che abbondavano a lui? Nessuno ci toglierà il diritto di onorare nel suo nome la nostra parte migliore.

Non si tratta di un maestro, che potevamo anche non avere, o di un libro che potevamo anche non leggere. Ma io mi rifiuto di abbandonare insieme con lui la ragione più profonda del mio sentire, la comunione col passato e la conversazione con tutti i grandi e cari e umani spiriti, e il culto della loro parola cara al mio cuore sopra tutte le cose. Io voglio sapere che c’è nella mia adorazione qualche cosa di vano; che l’amore delle belle parole, con tutto quel che reca di sacrifizio nel cercarle e nel custodirle e nell’imitarle, di superstizione nel goderle, è vano; e son vani i versi e le rime e i libri e i canti e le pitture e i simulacri e le immaginazioni tutte quante; voglio saper tutto questo per avere la gioia di affrontare con occhi aperti il pericolo mio dolce.

Passano i giorni e scema la luce e il tempo dell’amore se n’è andato e l’ombra si avvicina a noi lunga e nera. Noi facciamo dei libri. Anzi non ne facciamo nemmeno; ci contentiamo di leggere e di fare qualche segno sui margini. Ma questo basta, e la compagnia dei nostri padri e fratelli.

Nessuno fra quanti ho dintorno mi è stato guida ad essa e aiuto e conforto degno come il Carducci. Fra tutti i vicini io non trovo altri, a cui poter dare con sincerità questo nome di maestro.... «Orabunt causas melius alii coelique mea-