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92 | scritti di renato serra |
modando parole e cautele, non ho fatto nulla di men degno; non ho manomessa la sincerità del pensiero con nessuna ipocrisia.
E lasciamo stare ora che la verità vera sia dal cielo; sì che a quella che recano innanzi gli uomini convenga accostarsi con molta tolleranza. Questa può essere regola di buona creanza nel commercio, ma non ha luogo nell’animo nudo: ivi quello che è vero, è vero sempre, e sopra tutto.
Se non che nel Carducci io sento diversa forse dal vero la forma e gli episodi del giudizio, ma identica e santa la intenzione; i suoi errori stessi sono gloriosi. L’eroe, o Marceau o sia Carlo Alberto, che io rispetto nella sua ammirazione, è una grande nobile forte figura che l’animo di lui ha creato e la fantasia ha avuto potere di imporre anche sopra di me. Tutte le cose che egli afferma vere sono vere anche per me: se non nella lettera, certo nello spirito. E io sono vinto a consentire nell’animo, nella religione, nella santità del suo pensiero.
Qui non è possibile fare paragone col Croce, dell’intelligenza, come se uno ne abbia più, e l’altro meno. Non è una intelligenza generica, di cui si possa rendere quantitativa ragione; questo, al quale io parlo, è il Carducci. Qualche cosa di grande alita intorno, e io mi sento pieno del nume. Il dialogo è divenuto orazione.
Penso forse ai XX volumi delle opere? o alle vaste scatole di appunti e di schede coronanti le scansie dello studio oggi silenzioso, dove la fatica di questo aspro benedettino delle lettere ha lasciato per quarant’anni la sua traccia quotidiana e minuta? o penso a tutto l’esempio di una vita, che nei particolari della scrittura e del discorso non si esauriva, ma trapassando in vive anime