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90 | scritti di renato serra |
E badate che non sarà sufficiente ch’io tenga per me certi gusti, e ch’io rispetti ugualmente e numi e idoli, guardandomi bene dal confessar per esempio quel che penso di Crispi e dei principi dell’89 o della così detta tenebra medievale; sempre dovrò essere in armi. Trasmutabile egli è per tutte le guise; i movimenti della sua intelligenza e i sussulti del temperamento si ribellano a ogni previsione tranquilla.
O col Croce non c’erano mica terreni privilegiati! Io gli parlavo di tutto ed ero certo di esser compreso. Eppure, se ci penso bene, la mia soddisfazione non n’era per nulla cresciuta. Diversa era, non maggiore. Parlavo e ascoltavo quietamente; con molta dimostrazione esteriore di rispetto, credo, e certo con ammirazione e stima profonda dentro, e gioia sopra tutto di quella chiara e dritta e arguta e lieta ragione sua.
Ma parlavo da uomo a uomo, quasi sullo stesso piano e del pari; oltre che minore, e infinitamente, mi sentivo anche diverso, e pur senza nessun bisogno di fare uno sforzo, o un passo solo per avvicinarmi. Non c’era in me entusiasmo nè inquietudine. Sapevo di potermi fidare a quella accoglienza netta e precisa e così fluida da avvolgermi tutto; forse sentivo un poco di freddo.
Che cosa ritraevo di me stesso da quella esperienza? Una valutazione generica che oserei dire perfetta, ma senza insidie di penetrazione, senza luce sul mio secretum; nessuna parte celata si rivelava nell’incontro. La esperienza investiva una parte, non dico impersonale, ma quella che può essere fatta impersonale, categorica e intelligibile; l’effetto se ne rifletteva sopra la mente assai largo, seco portando novità di pensieri e di cono-