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82 | scritti di renato serra |
Se non che quando, quasi a un intoppo della corrente tutta questa mutazione vaga si circoscrive e prende da un argomento preciso limiti e figura intelligibile, allora è tempo di guardare le cose un poco più intentamente. Fermiamoci a codesto Corpus degli scrittori d’Italia: nella opposizione che quasi naturalmente si determina fra quel che ne fa il Croce e quel che ne avrebbe fatto il Carducci, il mutamento dello spirito e dell’educazione letteraria è assai chiaro. Ma io voglio sapere di più, non solo che cosa si è cambiato, e come, ma anche se c’è stato guadagno.
Non è una domanda oziosa; ogni generazione ha bisogno di far qualche volta il suo esame di coscienza e il suo bilancio morale.
Dicono che l’uno si è sostituito all’altro nel posto di maestro degli italiani. Guardiamo dunque in tutti e due, non tanto quello che è stato insegnato da loro, quanto quello che è stato ricevuto, appreso, ripreso dagli altri; quello che si spera ancora e si attende per loro beneficio.
Con ciò non si vuol fare confronto delle opere o degli uomini, che sarebbe stupido; l’uno era padovano e l’altro è laico. Ognuno è stato ed è quel che è per tutte le ragioni che la natura ha disposto e la storia potrà discorrere.
Ma noi vogliamo guardare il Croce e il Carducci nella loro realtà oggi, come due forze presenti e vive, operanti attraverso il quotidiano tumulto con irraggiamento da sè, mi sia concessa la fantasia epicurea, di idoli intorno rispecchiati e variamente raffigurati dalle anime degli imitatori. Altri si provi a sua posta di circoscrivere e giudicare, e magari anche di superare, l’uno o l’altro o tutti e due. Beato lui!
Io non penso già di superare nessuno. Ciò che