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per un catalogo 79

detto a modo nostro. C’è una sola cosa forse che il passato non ci possa offrir bell’e fatta; è la gioia di accostare le grandi cose belle, e di comprenderne lentamente la nobiltà nell’animo puro. Essa è nuova ogni mattino in ognuno che se la sappia creare.

Se nei libri che ci si offrono potremo trovare qualche lume e qualche occasione di quella, sarà abbastanza per esser contenti.

È una gioia leggera: essa sfugge dalla mente che cerca di abbracciarla e lascia di sè solo un’ombra, quasi un vago odore e principio di gentilezza; pochi fortunati la sanno esprimere. E bisogna cercarla umilmente in ciò che è la effettiva realtà delle scritture, nelle parole a una a una e nelle composizioni di parole e nella scelta e nelle mutazioni e nelle giaciture delle parole: chè tutto quello che nei libri si trova, sorge da questi principi.

E bisogna accoglierla da quella che è stata la effettiva disposizione e l’intenzione e l’idealità dell’uomo con cui conversiamo; che se egli è uno scrittore d’Italia, sarà essa nella più gran parte dei casi la bellezza non degli universali, ma dei particolari, delle parole e delle rime e delle immaginazioni e delle correzioni; la bellezza che egli aveva imparato a gustare e ad amare da coloro che erano venuti prima e che ha comunicato ai seguenti, la bellezza o insomma l’ideale che è degli italiani e dei classici e dei linguaioli e degli accademici e di tutti quelli che vorrete, ma non dei romantici tedeschi o dei filosofi indiani.

Se non vi piace, cercate altrove; nessuno vi obbliga a restare in Italia. Ma. se ci volete restare, bisogna seguitare l’usanza del paese.

O volete fare della critica, dell’erudizione, della curiosità; e che Dio vi benedica! o volete darci