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antonio beltramelli | 69 |
decadenti, preziose, simboliche, estetiche e peggio s’è possibile, sì che in quei modi e in quello stampo gli proruppe il torrente della poesia che nel suo animo non aveva nè forma nè nome, alla fine io credo che l’arte di Antonio Beltramelli ci sarà rappresentata in un modo molto simile al vero. E ne sorgerà, anche nella nostra mente, un’immagine un po’ oscura, un abbozzo confuso, il cui profilo non è netto, in cui l’impronta del viso non si riesce a distinguer chiaramente.
Ma tale è lo scrittore; a cui le qualità e le viltà abbondano per riuscir grande, ma l’eccesso quasi di esse e il confuso tumulto lo fermano a mezza via. Nulla dalla natura par che gli manchi; se non la felicità. La bellezza gli resta ribelle; non cede al suo desiderio se non rara e fuggitiva; più spesso par che irrida i suoi sforzi vani, o lo inganni grossamente, con immagini false.
Ma non importa. Noi vediamo — ed io ho posto ogni cura in rilevarli senza riguardo — i difetti, le disuguaglianze, le goffaggini; e sentiamo insieme che tutto questo procede da un’origine non volgare, da un’ispirazione pura, anche quando i più vili mezzi la aiutino a manifestarsi. Sien pure vecchi e falsi e frusti gli artifici; a lui sono nuovi, e nel suo ardore è come se li ricreasse per sè. La sua retorica è violenta, dicemmo, ma ingenua; e questo lo salva. La poesia si sente nelle sue pagine come un dio che è fuggito; ma l’aura del suo passaggio ancora non è venuta meno. Si fermerà alcuna volta?