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antonio beltramelli | 67 |
glia d’amore. La rustica avventura non perde il suo sapore romagnolo, di visi e costumi e paesi colti dal vero che ci è più famigliare; ma pur dalla sostenuta e talora squisita eleganza del narratore, acquista gentilezza; e l’idillio, nella grande spiaggia piena di sole e di risa e di gioia, ha una felicità, che oserei dire poetica. Le stonature, e sieno pure stridenti, non bastano a spegnerla.
Infine, meno felice forse, ma più significativa di tutte, ricordo la novella Alle porte del cielo. Il tono del racconto per la prima volta si trova che conviene all’argomento. È una scappatella di ragazzi, i quali han creduto a quelle porte del cielo, di cui contavan loro le fole, e giù dai loro monti, come in fantastica avventura, sono discesi un bel giorno fino ai limiti della pianura, fino alla pineta, dove le porte del cielo si aprono veramente per le loro piccole anime curiose: e mostrano il mare. In questa pagina di ricordi infantili è naturale che ogni cosa, anche piccola e comune, risorga come nuova, grande e strana in vista; con quello splendore che dopo la prima volta nessuno di noi ha saputo più ritrovare, trasfigurata quasi, in una luce di sogno e di nostalgia.
Ma tutta l’opera di Beltramelli io vorrei dire che è nata così; da una nostalgia di sogno infantile!
Lo montagne e le lande e il grande bosco misterioso di cui egli ci narra, dovettero alcuna volta apparire all’occhio meravigliato di un fanciullo. In quell’età in cui tutto è nuovo e miracoloso, in cui basta un campo di terra nuda, e un rio, e un ciuffo di salici o di robinie a render nella piccola anima l’impressione di ogni infinito di lande e di acque e di selve, egli visse certo,