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xii | coscienza letteraria di renato serra |
le militare, nell’estate dello stesso anno, scrive sempre ad Ambrosini:
Anch’io lavoro, e volgo assai cose, e nuove in mente. Quel ch’io ne farò, non so: nè mi curo di saperlo, lieto del piacere che oggi mi danno a vagheggiarle; anche se nessun piacere me ne debba seguitare poi aggiungendole. Questa sosta, chiassosa, agitata, dura, della mia vita e delle mie consuetudini, credo che m’abbia giovato assai. Me ne accorgo ora, in questa gran pace dell’ospedale, quando ho potuto porger l’orecchio riposato, dopo tanto tumulto, finalmente alle voci che fanno, sottili e pur così varie e dolci e forti, i sogni e i pensieri nel silenzio della mente sola.
Molto che era acerbo, va maturando; vedrò presto se il sugo ne sia soave, o alleghi ancora e sempre i denti del suo agresto.
Ma intanto lì, in quell’ospedale, come sta bene! E non può chiudere la lettera senza dirne le lodi, «alcune poche di un novero infinito»:
Pare che sia stato fatto a posta per me; coi suoi padiglioni rossi disposti in lungo ordine su la costa del Celio, fra carpini e felci e pini dalla verdissima ombra. Io ci passeggio in veste tra d’ammalato e di frate zoccolante — camiciotto di bordatino azzurro, calzoni bianchi e amplissime ciabatte; e m’assaporo tutta, in silenzio raccolto, la gioia dell’ozio, la gioia di una vita povera di avvenimenti ma così fiorita dall’immaginazione, così ricca nella sua placida egualità. Io percorro sempre gli stessi viali e vedo sempre le stesse cose; il sole nascere in quel cielo e arrossare primi quegli embrici; e tramontare in quel luogo e dorare — che magnificenza di crepuscoli a Roma — ultimi quei pini e quel nodo di roveri; scorgo fuor delle mura sempre quelle rovine quelle colonnette quella cappella e quei bigi palazzi: ma sempre nuovo è il mio cuore e il sogno che l’accompagna. Questa veste ondeggiante di monaco, queste ciabatte che m’obbligano a una lentezza capricciosa e tranquilla, tutto ciò che qua dentro mi sequestra dagli uomini, dai loro usi e dagli affanni, mi rende più sicuro, più lieto di me; il mio corpo e il mio spirito ritrovano un’agevolezza, così lontana dalla goffaggine ben nota delle vesti e delle