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antonio beltramelli 55

la mano al traduttore. Ma non è questi uomo da restar molto al di sotto; si rifà subito, con uno dei suoi commenti più mirabili, muovendo da quella nota astratta, «il piacere, l’offerta», così malauguratamente accennatagli.

«L’amore era il miglior frutto della terra, esse lo sapevano e lo stimavano esaltandolo. Così ai loro occhi di belle, libere fiere, tutto, che non fosse sincrono alla loro forza di vita, appariva detestabile e doveva essere distrutto. Ogni energia superiore è come un vortice nel quale le cose miserande scompaiono».

Parole non ci appulcro. Cito ancora, dove mi par di sentire strider la penna del traduttore alla goffa chiusa, una piccola descrizione. «Per assumere un aspetto cadente, Zeremi si era dipinto il viso col nero fumo, senza pensare che gli occhi suoi vivi e le larghe guancie rubiconde, si sarebbero ribellate a tale compito».

Questo poi è d’un uomo che guarda, disteso tra l’erba, le stelle. «Io mi vidi innanzi.... l’immenso giro delle costellazioni; vidi il palpito lucente del gran cuore ignoto dell’eternità, bagliori metallici, immobili come occhi spettrali, vividi nel folgorio di vile possenti e sentii soffrire la mia piccola miseria e chiusi gli occhi per udire le voci vicine, le melanconiche trame dei grilli... La terra dorme in quel breve sviluppo di suoni che hanno un tremolio stellare». Manca in italiano una parola che renda quel che per i francesi è galimatias; ma la cosa non manca per certo!

Ora, invece di richiamare altri esempi del genere — sarebbe come voler vuotare il mare — mi piace di porre qui accanto un luogo, che tocca un motivo quasi identico: ma questa volta il