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94 sermone decimo.

     In poco d’ora son vomeri e scuri
     E falci e seghe, e d’altrettali arnesi
     Moltiforme famiglia. Il fabbro adusto
     Attendere non può la sua mercede,
     65Per l’opra che sudando e trafelando
     Coi poderosi muscoli conduce,
     Finchè l’incerto prezzo a me compenso
     Della materia e a lui renda dell’opra.
     Incerto prezzo sì, che la speranza
     70Terrebbe a lungo in bilico sospesa,
     E nove volte delle dieci alfine
     Disperderebbe al vento. A te la vana
     Speme non empie l’affamato ventre;
     Ne del mercato a sopportar gl’indugi
     75Apprese ancor lo stomaco digiuno.
     Quindi a patti veniam: io del mercato
     Alla sorte volubile m’inchino,
     E a te di giorno in giorno offro tributo
     Di numerata e facile pecunia,
     80Che prevenendo le non degne offese
     Del tempo e di fortuna, il tuo compenso
     Col presente salario rassicuri.
     Nè porti dell’altrui colpa la pena,
     Se dai fallaci calcoli discordi
     85Il vagheggiato lucro, ond’è ragione,
     Ch’io dell’impresa sol maestro e duce
     Soffra la pena e il guiderdon consegua.
     E il guiderdone avrà titolo e nome
     Nelle singole sue parti diverso,
     90Sia che dell’uso il danno si rintegri,
     O col profitto de’ risparmi antichi
     De’ nuovi studi la mercè si accordi.
De’ sofisti la querula sentenza
     Invan presume rovesciar dal fondo