Ma caddero i vetusti arbori a terra
Ai colpi della scure, e il seno avaro
Schiuse la terra ed i fecondi semi
Accolse e propagò, quando la marra 65Appresero a trattare i padri nostri,
Ed a condurre pel diritto solco,
Coll’aggiogato tardo e lento bue,
L’aratro che del vomere guernito
Fende e rovescia le indurate zolle, 70Che l’erpice corregge, appiana e trita.
Dal vento mosse ondeggiano le spiche,
Che ad una ad una cogliere, e dal guscio
Trarne le occulte biade e dalle ree
Le buone sceverare invan presumi, 75Se al mietere, al trebbiare, al cerner manchi
L’adunca falce e la coreggia mobile,
Che delle opposte vette il capo lega,
E l’accerchiato vaglio a cui la pelle
Da cento punte è traforata intorno. 80Le raccolte, sbattute e monde biade
Alla fremente macina confidi,
Che in parti minutissime le versa
Nell’agitato e querulo buratto,
Onde cernito dalla rozza crusca 85Esce l’eletto fior che in bianco pane,
Già dell’acqua del lievito e del foco
Le varïate prove al fine addotte,
Si volge a ristorare il vital succo
Che per le vene rosseggiando scorre. 90La macina scabrosa attorno gira
Quasi trastullo al ventilar dell’aura,
O all’urto di cadente onda sonora.
Forse rimpiangerai la prisca etade
E degli schiavi l’improba fatica,