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80 sermone nono.

     Profonde a passo vacillante e lento
     Di loco in loco la gravosa soma
     Sulle spalle recava, invidia forse
     30Alle belve portando ancor non dome.
     Ma non sì tosto la caligin densa
     Dalla torpida mente si dirada,
     Che sforza a sopportar l’ignoto pondo
     Le scapestrate belve, a cui pon modo,
     35Legge e governo della sferza al fischio,
     All’allentare o stringere del morso,
     Al pungere dell’asta, al mite cenno
     Od al rigido colpo della verga.
     Fra le balze scoscese e gl’irti dumi,
     40Un novello sentiero apre ed appiana,
     In cui l’orma più libera si stampa
     O si strascina men tardo e pesante
     Il carco imposto alle conteste travi;
     Che a più rapido corso e più leggiero
     45Colle fervide rote indi sospinge
     Finchè l’ali al volar quasi lor presti
     Col premuto vapor che cento e cento
     Poderosi cavalli indietro lascia
     Dalla stanchezza affranti e dalla fame.
50Vedi quel campo, che di bionda mèsse
     Ora sorride e di benigne piante
     Tutto s’allegra? Fu d’ispide spine,
     Di stagnanti acque e d’orride boscaglie
     Ingombro tutto, e per malvagi effluvi
     55E velenose serpi infame e tristo.
     Colla potenza delle cinque dita
     Mai non avreste, o deboli mortali,
     Diboscato il terren, rotte le glebe,
     E le fetide e morte onde converse
     60In limpido corrente e chiaro rivo.