Seguitando la mobile ventura 300Ove baleni di speranza un raggio.
Il vacillante banco allor si rompe
Quando la densa calca a un punto l’urta:
Onde rimane stritolata o pesta.
Altre minacce sono, altre ruine 305Ed altre genti attonite e confuse,
Quali da fiero turbine travolte.
Se per occulte vene in vario giro
L’ardente zolfo ad allumar serpeggi
Le preparate mine, odi uno scoppio 310Onde trema la terra, e l’ardue moli
Crollano infrante e cadono con esse
L’umili case, già diletta stanza,
Or di mal vivi orribile sepolcro.
Tal (se al concetto il paragon soccorre) 315Imperversando la fortuna pazza
Precipita, trabalza, abbatte e schianta,
Mentre l’antica fe piangesi estinta.
Tanto si crede allor quanta si palpa
Difficile pecunia all’uopo scarsa; 320O che all’uffizio degli usati segni
Accorra sola, o timida si celi,
Per lontane spiagge erri sospinta
Da foga insana o da contrario fato.
Del credito radice è la fidanza, 325Che per guerre, per fami e per rapine,
Per arti male e cieche si dilegua.
Tu per le offese che cessando arreca,
Immemore sarai degl’infiniti
Doni che al miglior tempo rinnovella? 330Ignote offese, dove ignoti i doni
Fûro: come non sa perder del giorno
Il benigno fulgor chi cieco nacque.