265Dei compartiti lucri, a cui sovente
Anco il lucro dei singoli risponde.
L’unghie si morde per dispetto ed ira
Il lurido usuraio; e tu non ridi
Delle spoglie del popolo vestito. 270Non rifiutar che un emulo s’accosti
E ti sorvegli, ed i compensi teco,
E le cure e i perigli anco divida.
Chè più divisi son, meno i perigli
Sovrastano tremendi, e incerte meno 275Sono le cure e a miglior fine intese:
Ed a più degna norma e più sicura
Si adeguano i compensi. Oh di che temi?
O che presumi? Il battere pecunia
Al rege, o a chi ne tien l’unica chiave, 280È dato, il so; ma colle tue polizze
La moneta risparmi ed imprometti;
Tanto sei lungi dal trattare il conio
Negato a dritto agli umili profani.
Le tue polizze sono imagin viva 285Delle scambiate cedole, cui manca
Pel tardo giorno e pel mal noto nome
Quell’innato vigore, onde le imprimi
Rinnovellato di novella forma.
Non io vorrò, che ardimentoso e baldo 290Oltre il confine scapestrando corra;
Ma pur non voglio, che in serrata cerchia
Solo imperando, tutti gli altri escluda.
Mentre d’oro ribocchi, a cui la via
Altrove togli colle opposte dighe, 295Non t’allegrar; chè a temerarie imprese
L’impazïente e fervido metallo,
Che a lungo ed infelice ozio condanni,
Ratto sen vola appena oda richiamo,