95Di merce universal che a me concedi
Pel desïato obbietto, il pegno offrendo
Che alla sua volta il mio difetto adempia.
Ma indocili talora, e avari sempre
Sono i metalli, che a novella stampa 100Riduce il conio memore del pondo
Nitido e certo, onde con vario metro
Delle cose al valor fanno riscontro.
Tre volte cinque l’un vince in possanza il fratello minor, finchè di cinque 105E dieci volte il sacrificio chiede
E lo sforzo maggior. Oh se a noi dato
Omai ne fosse al prepotente imperio
Dei metalli supplir con umil segno
Agevolmente in brevi note iscritto! 110O qual vedremmo per feconda vena
Diffondersi tesor, ch’ora s’invola
Al servigio dell’arti, e a caro prezzo
Rotolando consuma a poco a poco
Sè stesso, e avaramente si rintegra! 115Fa’, che a misterïosa arte di maga
La placid’aura obbedïente appresti
Mirabile un sentier, che le terrene
Vie risparmiando le ridoni ai semi
Delle fertili piante. E scarso lucro 120Questo dirai, se colla mente intendi
Oltre il novello solco, rïandando
I duri intoppi a vincersi restii,
E vinti appena alle rote stridenti
Il cozzo rinnovare, e infranto l’asse, 125E le mal conce rozze a cui la pelle
È informata dall’ossa; e il tedio grave,
E i temuti perigli, e i danni certi,
E la lung’ora a più felici cure