265La moneta, che n’è pegno e misura
Per l’innato valor, che alle vicende
Più resiste del tempo e di fortuna.
Per lubrico sentiero appena stampi
Incauto un’orma, e sdruccioli nel fondo. 270È la moneta un segno? Il segno basti
Nel metallico disco, anzi l’imprima
Col favore de’ tipi in un baleno
In foglie innumerevoli e diverse,
Quante ai rami ne toglie il pigro autunno. 275Dal periglioso fluttuar si arresti
Con immoto vigor, come l’immota
Rupe scolpita del fatal decreto.
Dall’infecondo segno oh! qual presumi
Coglier pomo vietato? Eh via, si cessi 280Dall’importuna usanza, e coll’ignoto
Miracolo de’ tipi a noi si versi
Ricco torrente d’inesausta vena.
Ecco pronta una merce, e a te la credo,
Fidando al segno della tua promessa, 285Da cui ti sciogli coll’attesa merce,
O col metallo che la merce adegui.
Mentre l’una lasciai e l’altra aspetto,
Tu che il frutto ne godi, ond’io son privo,
Giusta men rendi e necessaria emenda, 290Che ti rinfranchi di novella aita. —
Il seme sparso negli aperti campi
Per se medesmo propagato cresce;
Ma chi della fruttifera possanza
Nell’inerte metallo il germe infuse? — 295La non diritta clausula ritorco
A te chiedendo quali aurei frutti
Offra la mèsse che per l’oro cedi;
Indi coll’oro e col mercato seme