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la moneta. 65

     E l’arida vicina a sè le attira,
     Finchè beendo satura non sia.
Colla ricchezza e colla sua sorgente
     200L’oro confondi, e dalla tua premessa
     Questa discende logica sentenza:
     Purchè l’oro rimanga, il tutto pêra:
     Di mantici, d’incudi e di martelli
     Odi il soffiare, il battere e l’alterno
     205Frequente risonar; vedi gl’irsuti
     Robusti fabbri colle braccia ignudo
     Sudare al foco della mia fucina.
     Alla materia io veglio ed al lavoro
     Che di falci, di vomeri e di seghe,
     210Di scalpelli e tanaglie arma la destra,
     Che a grazïose forme il legno atteggia.
     Le cuoia batte e spiega, i marmi avviva,
     E fa di spiche biondeggiar il solco.
     Ma fastidio men prende. In feste è danze
     215E giochi fra le tazze e i lieti viva.
     A me giova protrar le notti lunghe.
     I fabbrili strumenti andâr col fumo
     Delle cene squisite, e colla schiuma
     Del fremente licor. Lacero e scarno
     220Errando vo col danno e la vergogna;
     Ma l’oro in novi circoli si aggira
     Per nuove mani, e la civil famiglia
     Qual iattura soffrì? Stolto! lo chiedi
     Ai congedati fabbri, alla negletta
     225Turba cui manca il pan, se non l’aiuta
     L’umile arnese all’umile fatica.
     Getta le mèssi alle voraci fiamme:
     Non ti caglia di noi, l’oro rimane.
O voi, che l’economica dottrina
     230Ignorando sprezzate, ad altro vero