Se colla stilla del premuto ulivo 130Ne tocchi il perno, rapida s’invola
Facendo all’occhio d’un sol raggio inganno.
Del lubrico licore, onde più ratto
Il carro scorre coll’imposto carco,
Molto ritragge il prezïoso conio 135Che l’ali quasi alla ricchezza impenna.
Ma l’avarizia stupida confonde
L’olio, il carro e la ruota coll’imposto
Carco, e l’impronta del fatal metallo
Coll’abbondanza dei giocondi frutti, 140Dono cortese di ferace gleba
O d’ingegni felici, a noi recato
A soddisfare il natural talento,
Che a non mentita civiltà s’informi.
Vedi nel frutto delle umane cure 145La dovizia riposta; e la moneta,
Che in cento rivi a spargersi l’aiuta
Con vena velocissima, discerni
Da quella sì, che Mida Mida Mida
A ricantar non abbia insin che il fiato 150Nella strozza mi manchi. A te non piace
Di parole garrir? Bada che un seme
Getti di mala pianta, a cui d’intorno,
Dalla micidïal ombra percossi,
Languono i campi squallidi e deserti. 155Caccia la nebbia dell’errore antico
Che tanto offende; ed a miglior consiglio
L’amara esperienza ti conforti.
Le guerre, orride guerre, e l’empie stragi,
Le crudeli rapine, il sangue, il pianto 160Più non ricordi, e le misere genti
Al giogo tratte, battute, disperse?
Più non ricordi, che gli avari dischi,