Ad altro porgo invan, ch’altri desiri
Ei nutre, punto da diversa cura.
Mentre i doni di Cerere converto
In bianco pane, il tuo libro rifiuto; 65Chè nuove biade io vo cercando e batto,
Di porta in porta. Ma le ricche mense
Già ne fur sazie e stanche; e cento volte
Torno deluso a ricalcar la via.
Dopo il lungo aspettare e il chieder molto 70Ed il lungo vagar forse contente
Faremo in parte le bramose voglie.
A qual costo io lo so quando sovente
La romorosa gramola si tace;
Nè tu l’ignori allor che il tuo volume 75Recando intorno per fame sbadigli,
Ed agli amati studi il tergo volgi.
E quei, che dalla tua pagina accolto
Avrebbe il vero, l’ignoranza insacca
Colla mèsse che il lungo e vario giro 80Di chi la sciolga lungamente attende,
Finchè al dente invisibile di occulto
Verme che rode, o alla maligna offesa
Dell’umido vapor che la corrompe,
La sostanza vivifica perdendo, 85Infracidita o logora si resti.
Commosso alla pietà dei nostri danni
Balenò il cielo e la moneta apparve,
Che in sè l’indizio porta e la misura
Del servigio che l’uno all’altro presta; 90Ed offre pegno, che il diritto inscrive
Al bramato ricambio. Unica sia
Una merce, di cui la bella imago
Folgoreggiante di perenne luce
Alle attonite genti il guardo abbagli.